"Mi faresti un favore grande ... grande ... chessò ... quanto una casa ?" non è una domanda, anche se può sembrare, ma un ordine perentorio a cui segue una malcelata, infida e sottintesa minaccia del tipo "Se mi dici no giuro che ...".
"Dai su! ti prego! si tratta di sei giorni, meno di una settimana!" è l'espressione pietosa che segue alla prima richiesta.
"Non saprei come altro fare e poi ... so che in fondo in fondo piace anche a te!"
"Avanti - dico io - spara! che ti serve?"
"Attila!" dice il mio amico. Solo tre sillabe: At-ti-la.
So di chi parla e già capisco cosa vuole.
Attila è un gatto soriano, il suo gatto. Un felino di sei chili, grigio e striato, con un chilo di unghie affilate. Dove passa lui non resistono tende, piangono fodere di divani e gridano vendetta le poltrone.
Chi lo conosce perde la fede in Dio.
Attila è un'arma di distruzione di massa.
"Ma non se ne parla proprio!" dico io "ma per carità!"
"Guarda! ti dò le chiavi di casa. Una volta al giorno ti fai vedere, gli dai una bustina di cibo, un po' d'acqua e se puoi gli cambierai la lettiera. Nient'altro. Pochi minuti al giorno ... per sei giorni!"
"Ma porcaput..." è l'imprecazione che mi si strozza in gola.
"Si? si? e dai! si?". Accenno un si con il capo e subito mi trovo in mano le chiavi dell'appartamento del mio amico.
Alle 18.00 circa raggiungo casa. Apro e Attila è già lì, appena dietro la porta. Mi si struscia sulla gamba e mi saluta con un fievolissimo "miaooo" poi si alza sulle zampe posteriori e si affila le unghie sui miei jeans e sulle carni del mio polpaccio. Lo accarezzo e lui, il maledetto, si struscia alzando la sua coda.
Come da accordi gli preparo la cena, verso un po' d'acqua nella ciotola e, approfittando della sua attenzione per il cibo, vado via da casa.
Facile. E' stato facile dopo tutto.
L'indomani, un po' più tardi, verso le 20.00, ritorno in quella casa ed Attila mi accoglie miagolando più forte come a mostrare il suo disappunto per il mio ritardo. Corre verso la cucina ed incomincia a girarmi tra le gambe come se mi volesse far premura a servigli il pranzetto.
Velocemente ingoia il contenuto della bustina che qualche secondo prima avevo versato nella ciotola e con un balzo salta sul divano straiandosi vicino a me.
Gira la testa verso il basso e capisco che ha voglia di coccole.
Gli gratto la gola ed inavvertitamente scendo delicatamente verso la pancia. La mia mano viene bloccata dalle zampe e dalle unghie anteriori mentre le posteriori con una serie di due-tre strattoni mi graffiano tutto il braccio interno. La sensazione è la stessa di aver toccato un filo elettrico scoperto. Una scossa secca ti attraversa il corpo e dall'interno di esso si eleva al cielo una imprecazione quasi simile ad una bestemmia.
Ma Attila rimane lì a testa eretta e straiato su di un fianco sul "suo" divano.
Mi avvicino alla porta di ingresso e vado via. Ne ho avuto troppo e per oggi può anche bastare.
"Ah! se sapesse! Lei non mi crederà! Ma stanotte ... Oh mio Dio! Stanotte! Non siamo riusciti a chiudere occhio!" mi dice la signora vicina di casa del mio amico sentendomi aprire la porta e venendomi incontro.
"Buongiorno signora! Cos'è successo?" chiedo.
"Il gattino, il gattino del suo amico, ha miagolato per tutta la notte! Poverino si sente solo! Faccia qualcosa! Lo faccia anche per me. Sa! Sono anziana, dormo poco la notte e per quel po' sono stata svegliata da quel miagolio .... straziante! Veramente straziante!" Mi dice la signora e con questa sua richiesta ermetica e sibillina mi fa capire di prendermi più cura del "gattino" anzi di prendermi proprio il "gattino" e portarlo via da quella casa e possibilmente non ritornare più.
"Ma certo signora!" dico io ed aggiungo "Lo porterò con me oggi stesso! Contenta?"
Attila sembra aver capito il programma e mi gira attorno strusciandosi ancor più di prima. Lo prendo in braccio e dopo aver aperto la portiera della mia auto lo adagio sul sedile. Il tempo di girare e lui si adagia per lungo sulla cappelliera.
Giunto a casa ho il tempo di fare scendere il gatto dalle mie braccia che subito, con un balzo leggero e silenzioso, salta su di un cuscino del divano. Socchiude gli occhi e incomincia a "ronfare". E' il nuovo padrone di casa in assoluto. Si muove con grazia, senza paura alcuna, con padronanza.
Passano gli ultimi tre giorni con il mio nuovo inquilino senza grossi traumi e senza eccessivi danni. Piange un cuscino squartato e soffre una tenda che avrei voluto cambiare già da tempo. Il dorso delle mie mani e le mie braccia portano i segni dell'affetto del "gattino" ma passeranno!
"Tieni! portatelo e non mi chiedere più favori simili!" dico al mio amico.
"Grazie, grazie ancora. Ma si è comportato veramente male? Scusami ancora." mi dice e dopo aver preso in braccio Attila va via.
Finalmente mi sono tolto di mezzo quel peso! Non ne potevo più! Ah.!!!.. finalmente solo! Solo! Troppo solo! Cerco con gli occhi Attila che è andato via. Lo riesco a vedere anche se non è più con me.
Riesco ancora a sentire il suo "purr... purr..." a sentire la vicinanza ed il calore del suo pelo morbido.
Non c'è più. Finalmente. Ed io sono solo, tremendamente solo ed ho
NAUSEA
:-(
"Dai su! ti prego! si tratta di sei giorni, meno di una settimana!" è l'espressione pietosa che segue alla prima richiesta.
"Non saprei come altro fare e poi ... so che in fondo in fondo piace anche a te!"
"Avanti - dico io - spara! che ti serve?"
"Attila!" dice il mio amico. Solo tre sillabe: At-ti-la.
So di chi parla e già capisco cosa vuole.
Attila è un gatto soriano, il suo gatto. Un felino di sei chili, grigio e striato, con un chilo di unghie affilate. Dove passa lui non resistono tende, piangono fodere di divani e gridano vendetta le poltrone.
Chi lo conosce perde la fede in Dio.
Attila è un'arma di distruzione di massa.
"Ma non se ne parla proprio!" dico io "ma per carità!"
"Guarda! ti dò le chiavi di casa. Una volta al giorno ti fai vedere, gli dai una bustina di cibo, un po' d'acqua e se puoi gli cambierai la lettiera. Nient'altro. Pochi minuti al giorno ... per sei giorni!"
"Ma porcaput..." è l'imprecazione che mi si strozza in gola.
"Si? si? e dai! si?". Accenno un si con il capo e subito mi trovo in mano le chiavi dell'appartamento del mio amico.
Alle 18.00 circa raggiungo casa. Apro e Attila è già lì, appena dietro la porta. Mi si struscia sulla gamba e mi saluta con un fievolissimo "miaooo" poi si alza sulle zampe posteriori e si affila le unghie sui miei jeans e sulle carni del mio polpaccio. Lo accarezzo e lui, il maledetto, si struscia alzando la sua coda.
Come da accordi gli preparo la cena, verso un po' d'acqua nella ciotola e, approfittando della sua attenzione per il cibo, vado via da casa.
Facile. E' stato facile dopo tutto.
L'indomani, un po' più tardi, verso le 20.00, ritorno in quella casa ed Attila mi accoglie miagolando più forte come a mostrare il suo disappunto per il mio ritardo. Corre verso la cucina ed incomincia a girarmi tra le gambe come se mi volesse far premura a servigli il pranzetto.
Velocemente ingoia il contenuto della bustina che qualche secondo prima avevo versato nella ciotola e con un balzo salta sul divano straiandosi vicino a me.
Gira la testa verso il basso e capisco che ha voglia di coccole.
Gli gratto la gola ed inavvertitamente scendo delicatamente verso la pancia. La mia mano viene bloccata dalle zampe e dalle unghie anteriori mentre le posteriori con una serie di due-tre strattoni mi graffiano tutto il braccio interno. La sensazione è la stessa di aver toccato un filo elettrico scoperto. Una scossa secca ti attraversa il corpo e dall'interno di esso si eleva al cielo una imprecazione quasi simile ad una bestemmia.
Ma Attila rimane lì a testa eretta e straiato su di un fianco sul "suo" divano.
Mi avvicino alla porta di ingresso e vado via. Ne ho avuto troppo e per oggi può anche bastare.
"Ah! se sapesse! Lei non mi crederà! Ma stanotte ... Oh mio Dio! Stanotte! Non siamo riusciti a chiudere occhio!" mi dice la signora vicina di casa del mio amico sentendomi aprire la porta e venendomi incontro.
"Buongiorno signora! Cos'è successo?" chiedo.
"Il gattino, il gattino del suo amico, ha miagolato per tutta la notte! Poverino si sente solo! Faccia qualcosa! Lo faccia anche per me. Sa! Sono anziana, dormo poco la notte e per quel po' sono stata svegliata da quel miagolio .... straziante! Veramente straziante!" Mi dice la signora e con questa sua richiesta ermetica e sibillina mi fa capire di prendermi più cura del "gattino" anzi di prendermi proprio il "gattino" e portarlo via da quella casa e possibilmente non ritornare più.
"Ma certo signora!" dico io ed aggiungo "Lo porterò con me oggi stesso! Contenta?"
Attila sembra aver capito il programma e mi gira attorno strusciandosi ancor più di prima. Lo prendo in braccio e dopo aver aperto la portiera della mia auto lo adagio sul sedile. Il tempo di girare e lui si adagia per lungo sulla cappelliera.
Giunto a casa ho il tempo di fare scendere il gatto dalle mie braccia che subito, con un balzo leggero e silenzioso, salta su di un cuscino del divano. Socchiude gli occhi e incomincia a "ronfare". E' il nuovo padrone di casa in assoluto. Si muove con grazia, senza paura alcuna, con padronanza.
Passano gli ultimi tre giorni con il mio nuovo inquilino senza grossi traumi e senza eccessivi danni. Piange un cuscino squartato e soffre una tenda che avrei voluto cambiare già da tempo. Il dorso delle mie mani e le mie braccia portano i segni dell'affetto del "gattino" ma passeranno!
"Tieni! portatelo e non mi chiedere più favori simili!" dico al mio amico.
"Grazie, grazie ancora. Ma si è comportato veramente male? Scusami ancora." mi dice e dopo aver preso in braccio Attila va via.
Finalmente mi sono tolto di mezzo quel peso! Non ne potevo più! Ah.!!!.. finalmente solo! Solo! Troppo solo! Cerco con gli occhi Attila che è andato via. Lo riesco a vedere anche se non è più con me.
Riesco ancora a sentire il suo "purr... purr..." a sentire la vicinanza ed il calore del suo pelo morbido.
Non c'è più. Finalmente. Ed io sono solo, tremendamente solo ed ho
NAUSEA
:-(